La Val di Neto

L’area della Val di Neto prende il nome dal fiume che l’attraversa: il Neto. La valle presenta ancora quelle caratteristiche ambientali e naturalistiche riscontate dagli antichi greci. Si tratta di un’area naturalistica di pregio, in cui insistono: Siti di Interesse Comunitario (SIC), Zone di protezione speciale (ZPS) e Siti di interesse sedimentologico. La vegetazione a ridosso del letto del fiume è caratterizzata da piante idrofile, alberi di Leccio e Roverella e specie sempreverdi, inoltre tra le specie di interesse si segnala la presenza di Lavanda selvatica. Tra le specie rare floristiche, tipiche della macchia mediterranea, si presenta la Stipa austroitalica, detto anche “Lino delle fate piumose”.
Il fiume Neto nasce sulle pendici del monte Botte Donato, a circa 1.700 metri di altitudine, nel cuore dell’Altopiano della Sila e, dopo una corsa di 80 chilometri circa, si tuffa nelle acque del mar Ionio all’altezza del centro di Fasana a metà strada tra Strongoli Marina e Crotone. Per la sua lunghezza e per l’estensione del bacino idrico, il Neto è il secondo fiume più importante della Calabria dopo il Crati, con il quale condivide il carattere torrentizio. Anche il Neto come gran parte dei fiumi calabresi si presenta molto secco in estate e con piene impetuose in inverno, quando può raggiungere una portata di 280 metri cubi d’acqua al secondo. Il fiume Neto scorre profondamente incassato tra la rigogliosa vegetazione silana dell’alta valle omonima, ricevendo svariati affluenti che ne incrementano di volta in volta la portata. Da destra riceve i fiumi Arvo e Ampollino mentre da sinistra il fiume Lese e, nei pressi della sua foce, la fiumara Vitravo. Dopo alcuni chilometri percorsi nel cuore oscuro della Sila, giunto presso l’abitato di Cotronei, il fiume Neto lascia la provincia di Cosenza per entrare in quella di Crotone allargando notevolmente il proprio alveo fluviale che diviene un ampio conoide alluvionale. Il fiume costeggia per alcuni chilometri un tratto della strada Statale 107 Silana, volgendo repentinamente ad est dopo aver superato il centro di Rocca di Neto. Qui il fiume rallenta la sua corsa durata quasi 80 km e scorrendo con andamento sinuoso si getta nelle acque del mar Ionio, all’altezza del centro di Fasana.
Le acque, sono sfruttate per l’irrigazione intensiva in agricoltura e per la produzione di energia elettrica dalla centrale Enel di Cotronei. La foce del fiume Neto è uno degli ultimi ambienti umidi della costa ionica della Calabria, nonché uno degli ambienti più interessanti dal punto di vista ecologico e naturalistico. Infatti tutta la foce del fiume Neto è caratterizzata da tipici elementi ripari, litoranei e palustri dove trovano riparo diverse specie di uccelli migratori. Tra le specie di uccelli nidificanti alla foce del Neto vi è il Gruccione Merops, tra i più variopinti rappresentanti dell’avifauna italiana. Visibile in periodo primaverile ed estivo, questa specie nidifica nell’area scavando lunghi cunicoli sotterranei nel terreno argilloso e sabbioso, all’estremità dei quali depone dalle 5 alle 7 uova. La vegetazione palustre è ben rappresentata dalla folta presenza di canneti, tamerici e salici, divenuti oramai specie rara in tutta la Calabria. Nel 1976 la Regione Calabria ha istituito l’oasi di protezione faunistica su circa 1.500 mq della foce del fiume Neto, divenuta altresì Zona di Protezione Speciale per la tutela dell’habitat naturale degli uccelli selvatici.
La vocazione naturale della Val di Neto è l’agricoltura, testimoniata dai molti ettari di uliveti ed aranceti, ma anche un’agricoltura intensiva di prodotti che presentano qualità organolettiche particolari. L’IGT Val di Neto rappresenta una delle più importanti aree vitivinicole della regione Calabria. Importante anche la produzione di pomodori, finocchi e angurie, sulla quale le Istituzioni locali insistono per creare nuovi marchi di Indicazione Geografica Tipica (IGT).
È proprio in questo territorio che si coltiva il magliocco dolce, la preziosa uva che ha consentito all’azienda Librandi, leader del settore vitivinicolo, di aggiudicarsi il prestigioso titolo di “Miglior Vino Rosso”.
Secondo la prestigiosa rivista Vitae 2022 è il Megonio ad aggiudicarsi il primato assoluto su oltre 30 mila vini, presentanti da circa 4 mila produttori, totalizzando un punteggio di 99/100.
La tenuta Rosaneti, dislocata tra i comuni di Rocca di Neto e Casabona, è rinomata per la varietà di micro zone ben disposte sia in termini di suolo che di microclima: il raggio d’azione, 155 ettari, si defila da aree più fresche e terreni più sciolti, a calde ed esposte colline argillose, favorevoli per il Magliocco, caratteristiche che rendono il Megonio un vino dalle eccellenti qualità organolettiche.